Il pozzo d'Acquapazza (parte5)

Ancora una volta si sente una musica lenta provenire dal pozzo, mentre la cantastorie sostituisce di nuovo lo straccio, sempre più sporco e malridotto. Sopra c'è scritto MALASORTE. Adesso Re Gualtiero e la vecchia Dalila sono uno di fronte all'altra, al pozzo, dove tutto è cominciato.


«Buongiorno vecchia, sono il nuovo re d’Acquapazza e ho molta sete.»

«Buongiorno re Gualtiero, bentornato.»

Conosce il mio nome, dev’essere davvero una strega - pensa il Re mentre la donna gli porge un bicchiere di acqua limpida e fresca.

«Grazie vecchia. È vero che stai sempre qui al pozzo?»

«Sì, sempre.»

«E hai mai visto una giovane donna dai capelli d’oro?»

«Una giovane donna dai capelli d’oro?»

«Ma sì, ma sì, una giovane donna bellissima … ma è passato tanto di quel tempo!»

«Se è passato tanto tempo …»

«Hai ragione, forse è andata via, la cercherò in paese. Grazie vecchia, l’acqua di questo pozzo è sempre la più buona.»

«Addio Sire.»

«Arrivederci vecchia.»


Per la vecchia Dalila la delusione fu grande,

e lì al pozzo seduta si faceva tante domande:

Com’era possibile che l’innamorato

il suo dolce sorriso avesse scordato?

Forse il sorriso di Dalila era cambiato?

Oppure troppo tempo era passato?

Come aveva potuto lui dimenticare

quegli occhi che sapevano abbagliare?

Forse fu proprio perché,

ora non abbagliavano alcunché

E poi mondo farlocco che cosa atroce,

non ricordava nemmeno più la sua voce.

Forse neanche quella era più la stessa,

dopotutto era invecchiata anch’essa.

Certo era tornato il suo Gualtiero,

a cui aveva dedicato ogni pensiero

ma, ahimè, malasorte è compiuta,

l’innamorato non l’ha riconosciuta.

E non finisce qui la brutta sfortuna,

il Re si crede meglio del sole e della luna,

davvero Gualtiero si è montato la testa

e organizza presto una disgraziata festa.

I sudditi sono invitati al ballo nel castello,

tutti tranne uno, e proprio questo è il bello.

Bello si fa per dire, pubblico caro,

piuttosto è un fatto assai amaro.

Il Re invita tutti ma a una persona la festa nega

a colei che ad Acquapazza era considerata Strega.


La vecchia Dalila è seduta sempre al solito posto, vicino al pozzo, e da lì sente la musica della festa. La grande festa.

Dalila parla da sola, come fanno tutti quelli senza alcuna compagnia.


«Oh la festa è già cominciata, senti senti che bella musica … adesso arriverà il messaggero del Re per invitarmi … ecco mi par di sentire un rumore di … no, mi sono sbagliata. Che strano che sia così in ritardo, eppure stamani già tutti avevano ricevuto l’invito. Erano così eccitati, la prima festa di Re Gualtiero. Non vedo l’ora … stavolta mi dovrà riconoscere. Anzi si sta facendo tardi, meglio mettermi il mio vecchio vestito, così … non potrà certo sbagliarsi questa volta. Davvero strano che non sia ancora arrivato nessuno per me, eppure lo sanno tutti che vivo qui al pozzo, ormai sono anni … eppure … si sta facendo buio …»


Il buio avvolge tutta la piazza del paese, la musica da allegra si fa tragica, e un urlo disperato fa sobbalzare il pubblico attento. Una fievole luce rossa illumina solo una parte del viso di Dalila, facendola sembrare davvero una strega delle fiabe. Quella che parla adesso è una donna dimenticata, una donna pericolosa.


«Ma perché, perché proprio io? Tutti quanti sono stati invitati, tranne me! Solo perché sono diventata una vecchia? Perché mi sono venuti i capelli grigi ad aspettare tutti questi anni? È forse colpa mia se il tempo ha cambiato il mio aspetto, se la mia voce dolce si è trasformata in questo stridulo suono? Ah, ma io lo so cosa è successo … io li sento bisbigliare alle mie spalle, sono stati loro, maledetti, a parlare di me a Gualtiero. E lui, che un tempo mi amava, ha creduto a tutte le loro chiacchiere … Ah!! Non lo sopporto, questo non lo posso sopportare. Dite che sono una strega? E allora farò la strega!

Unghia di topo, lingua di rospo

Venite a me, forze del bosco

Il becco d’un gufo, succo d’ortica

E la natura mi è subito amica

Ali di mosca, il baffo di un gatto

Chi beve quest’acqua diventa matto

Di erba cattiva un grosso mazzo

Chi beve quest’acqua diventa pazzo

Un po’ di ruggine di un vecchio coltello

A chi beve quest’acqua va di volta il cervello.»


Una risata perfida e sommessa saluta il ritorno della luce in piazza. C'è un nuovo straccio davanti agli occhi di tutti. Pulito, ma a brandelli. Sopra c'è scritto FOLLIA.